Il Nobile Rossanese, Duca Teodoro Dionigi Mandatoriccio

Mercoledì 17 Ottobre 2018 15:20 di Redazione WebOggi.it

Il Nobile Rossanese, Duca Teodoro Dionigi Mandatoriccio

Mecenate del tempo, amante del gusto, dell’arte e virtuoso della musica

 

Franco Emilio Carlino

 

Nel corso del XVI secolo, epoca del Viceregno spagnolo, nel quale veniva adintensificarsi la frantumazione delle grandi proprietà terriere dando origine a un nuovo processo di feudalizzazione, nel territorio rossanese, grazie alla agiate condizioni economiche, manifestavala sua influente presenza la nobile casata dei Mandatoriccio. Giovan Michele Mandatoriccio (1570) figlio di Nicola, agente feudale dei domini della Sibaritide di Maria d’Aragona, e nipote del capostipite Michele,astuti e facoltosi commercianti rossanesi, all’età di 23 anni, completati gli studi nel ramo della giurisprudenza e fresco di laurea in utroque iuredopo essersi dato a Napoli alla bella vita, decise di ritornare a Rossano per continuare l’attività di famiglia attraverso la qualeriuscì a consolidare la posizione finanziaria e acquistareestesi Territori feudali (Caloveto, Crosia, Calopezzati, Pietrapaola), che determinarono un notevole successo economico familiare.Credenziali, inoltre, che gli consentirono di entrarea far partedella 1ª Piazza dei Nobili di Rossano nella quale erano già presenti le altre famiglie blasonate del tempo, assumendo come insegna gentilizia un campo d’oro con fascia azzurra.

Nel 1588, Giovan Michele contrasse matrimonio conla cugina Vittoria Toscano, figlia del nobile Luca Matteo Toscano e Cardonia Sersale, dalla quale ottenne tre figli maschi Francesco, Teodoro e Ottavio, rinvigorendo anche quella familiarità di parentato già maturata precedentemente con il matrimonio tra la sorella Eleonora e Mario Toscano. Il 2 ottobre 1622 Giovan Michele concludeva la sua vita terrena e il suo patrimonio feudale passava così nelle mani del primo figlio Francesco Giovanni (1594) che non ebbe molta fortuna visto che a distanza di due anni dalla morte del padre, nel 1624 per una accidentale caduta da cavallo moriva senza lasciare eredi. A succedergli il 13 febbraio 1625,secondo la linea di successione, nell’eredità feudale delle terredi Crosia, Caloveto, Calopezzati e Pietrapaola,fu suo fratello Teodoro Dionigi Mandatoriccio (1595), secondogenito di casa Mandatoriccio al quale Re Filippo IV, qualche mese più tardi, con “oportuno Privilegio mediante expedito Matrid 18 maii 1625”, gli conferiva il titolo di Duca di Crosia per sé e per i suoi “eredi et successores”, elevando così la Terra di Crosia in “Ducatus titulum et honorem”. Titolo del quale riferisceil Pacichellinell’Indicedei signori Titolati del Regno di Napoli e unducato e un feudo molto desiderato e conteso tra i più influenti del Regno.

Subentrato nel possedimenti feudali, Teodoro si ritrovò ad amministrare un vastissimo latifondo che dal Trionto arrivava al Nicà e comprendeva i feudi di Calopezzati, Caloveto, Pietrapaola, Crosia e Mirto. Da subito, attraverso una intelligente opera di utilizzazione e risistemazione rese produttivi e remunerativi i territori ricavandone un interessante reddito. Intorno alla prima metà del 1600, verosimilmente nel 1634, Teodoro 1° duca di Crosia fece costruire il Casale di Mandatoriccio con un suo Castello in territorio di Pietrapaola al quale diede il suo cognome, come risulta dalle numerose testimonianze e documentazione che sostengono e provano a quella data l’origine, la presenza e l’espansione del nuovo feudo di Mandatoriccio, quasi sempre segnalato come nuovo Casale di Mandatoriccio, formatosi anche per la presenza delle diverse componenti etniche e da subito importante luogo strategico per la transumanza. Con l’amministrazione di Teodoro il fatiscente Castello fu ristrutturato e restituito al passato splendore. La costruzione della fortezza ebbe nel tempo funzioni di difesa e residenza prestandosi anche per accogliere gli abitanti di paesi limitrofi durante le incursioni saracene e offrendo rifugio ai tanti esuli danneggiati dai disastrosi terremoti che colpirono la Calabria cosentina nel 1636 e 1638.Teodoro, non appena si stabilì nel nuovo Casale, cercò di incoraggiare le numerose attività legate soprattutto alla pastorizia, all’agricoltura e al commercio dei prodotti agricoli come olio, frumento, ecc. Tutto ciò favorì l’incremento demografico della popolazione e fece crescere il numero degli abitanti della comunità, creando, il trasferimento di interi fuochi da Pietrapaola a Mandatoriccio, tanto che, intorno alla fine del Seicento, Mandatoriccio già superava le mille unità abitative. L’aumento della popolazione rese persino indispensabile ampliare la chiesa collocata vicino alla fortezza. Questa ristrutturazione coincise anche con l’arrivo dei profughi terremotati che portando con loro anche costumi e consuetudini finirono per provocare anche la variazione del nome della Chiesa Madre di Mandatoriccio, che originariamente intitolata a san Nilo fu chiamata dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, denominazione che conserva tutt’ora.

Di Teodoro, secondo quanto riportato dallo storico M. Falanga, sappiamo anche che durante il suo governo acquistò uno schiavo per ducati 100 come si evince dalla nota in calce: Teodoro Mandatoriccio, barone di Calopezzati, acquista per ducati 100 Alì Mamuti, schiavo di Salonicco. La compera viene effettuata tramite Giovanni Alfonso Gallina, Governatore della terra di Calopezzati.22.3.1627.

Secondo quanto corrisponde alla Camera della Sommaria, Teodoro durante la sua amministrazione feudale tra le diverse tasse pagava anche la tassa di 1.1 ducati come titolare di Zecca nella terra di Calopezzati e 3 ducati per la zecca di Pietrapaola. Si trattava di stabilimenti dove si producevano i pesi e le misure-campione cui dovevano attenersi i commercianti all´interno del ducato. Non sappiamo con precisione se coniasse anche monete o solo pesi e misure, ma avere la giurisdizione sulla zecca voleva dire anche godere del diritto di processare i falsari di monete e di pesi e misure.

Complicato secondo le diverse informazioni appare, invece, il legame matrimoniale di Teodoro.Quasi la generalità degli storiciparla dell’unione di Teodorocon Giovanna Frezza, dama napoletana, figlia del cavaliere Andrea Frezza, da cui nacquero Francesco, 2° Duca di Crosia che sposò Caterina Roccae Vittoria chiamata (Tolla), poi terza Duchessa di Crosiafutura moglie del Principe Giuseppe Ruggero Sambiase di Campana,senza fornire però elementi storici a supporto, quali possono essere i capitoli matrimoniali, gli atti notarili o documenti di archivio, in modo da avereun positivo riscontro a favore della loro tesi, mentre nelle pubblicazioni di altri storicinon si riscontrano minimamente informazioni in tal senso, quindi si deve desumere che le notizie fornite sono originate solo ed esclusivamente da fonti letterarie cui le stesse si richiamano, ma questo potrebbe essere argomento di ulteriore approfondimento e dibattito, perché in verità, per quanto può servire la mia opinione, Teodoro Mandatoriccio ebbe anche una seconda moglie, probabilmente avuta dopo la morte della prima oppure una compagna con la quale ha avuto una relazione extraconiugale.Si trattò di Isabella Cotrona con la quale Teodoro ebbe altre due figlie: Ippolita Mandatoriccio detta (Popa) andata in moglie a Giacinto Palopoli e Lucrezia Mandatoriccio sposatasi con Domenico Teutonico, signore di Taverna.Di queste due ultime figlie esistono prove inconfutabili riportate all’attenzione in secondo momento anche da M. Falanga.Prove che gli hanno permesso dirivedere anche la sua inizialeopinione sul matrimonio con la Frezza. 

Quanto finora riferito ci ha portati a conoscere solo alcuni aspetti di Teodoro legati alla sua storia di feudatario, di fondatore dell’omonimo Casale di Mandatoriccio, di imprenditore e commerciante, mavediamo pure qualcosa che riguardi la sua figura, l’uomo, credo anche poco conosciuto nella stessa Rossano, sua patria di origine.Ed allora chi era veramente il Duca di Crosia vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo?

Secondo alcune informazioni contenute inun librodiFriedrichLippmann,edito in Germania,Teodoro si rivelò un grande dei Mandatoriccio. Dal ridotto contenuto visualizzabile è riportato: “All’Illustrissimo Signor Mio, e padrone osservandiss. Il Signor Theodoro Mandatoricci Duca di Crosia, e signore delle Baronia di Pietrapaola, Caloveto & Calopezzati, &c. Dalle tante obligationi ch’io riconosco…”. Da altre fonti, tra cui il Falanga, ma riferite alla medesima pubblicazione,Teodoro amava la musica, amava il canto e aveva unabella voce. Egli stesso cantava “arie” che commissionava, anche ospitando compositori; è il caso di Pietro Antonio Giramocompositore di brani musicaliche dedica a Teodoro il suo componimento dal titolo: “Arie a più voci” (oggi diremmo “canzoni” a più voci) pubblicate a Napoli il 20 giugno 1630 NV 1257 e conservate presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, tanto che in una sua lettera a Teodoro,I Duca di Crosia, il Giramo ricorda il periodo felice di permanenza presso di luinei giardini del Ducato ringraziandolo, per sua ospitalità, ma era lo stesso Teodoro che a voltescriveva arie musicate (canzoni) “le quali -scrive ancora il Giramo- honorate più volte da lei con il canto (havendo á tante altre virtù aggiunta anche quella della musica)”.

ATeodoro, a quel tempo, gli piaceva essere attorniato di studiosi, artisti, personaggi. Amava essere circondato delle cose belle, del gusto, si circondò di molte opere d’arte, tanto che nell’inventario si trovarono busti marmorei e molti quadri.Teodoro era molto stimato nei circoli culturali dell´epoca; basti ricordare che il grande editore napoletano Ottavio Beltrano, nativo di Terranova di Sibari, nel ristampare L'Almanacco Perpetuodi Rutilio Benincasa nel 1636, Almanacco già edito nel 1593 da uno stampatore veneziano attivo nella città partenopea e mio omonimo Giovanni Giacomo Carlino, lo dedicò a Teodoro Mandatoricci, Duca di Crosiae signore della Baronia di Pietrapaola, Caloveto eCalopezzati,con queste parole: “E perciò io umilmente gli presento, e dedico questa picciola (non già mia fatica dell'Almanacco) ma ben mia dir potrei, atteso, l'ho corretta da infiniti errori, & accomodata a questi molte curiosità; che quale ella si sia gliela consagro”.

Conferma di quanto appena riportato ce lo offre, altresì, il contenuto inventarialeredatto dopo la morte di Teodoro presente nel volume curato da Alessandra Anselmi che a riguardocosì riproduce: “…già segnalato da Labrot, dove sono inclusi alcuni arredi, ma l’aspetto più interessante è la menzione di opere pittoriche tese evidentemente a rafforzare il concetto di legittimazione del potere, si tratta, infatti, dei dodici Cesari e dell’immagine di Carlo V. Sempre nel 1651 si trovava in questo salone una tela con Lot e altri piccoli quadri insieme ad alcuni mobili come due cimbali e un “gioco del Trucco. […] La concentrazione di un gran numero di opere, ben trentadue fra grandi e piccole, caratterizzava il salone anche al tempo di Teodoro, concepito probabilmente come una sorta di quadreria rivolto verso il giardino. […] Come ricordato il castello (Calopezzati) divenne palazzo ducale nel 1625 ad opera di Teodoro Mandatoriccio, al quale si deve curato arredo testimoniato dall’inventario del 1651, al fine di esaltare l’ascesa nobiliare della famiglia elevata al rango ducale; da questo punto di vista si può pensare che i dipinti raffiguranti i dodici Cesari e il ritratto di Carlo V volessero affermare l’appartenenza a pieno titolo alla più alta nobiltà…”.

All’età di cinquantasei anni e dopo ventisei dedicati alla guida del suo esteso patrimonio feudale, il 25 aprile 1651, il 1° Duca di Crosia, Teodoro Mandatoriccio veniva raggiunto dalla morte nel suo Castello di Calopezzati. L’eredità dell’immenso patrimonio passava quindi al primogenito Francesco che divenne 2° Duca di Crosia.

 

 

 




 

 


Galleria Fotografica




Notizie più lette